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Scala, presentato il libro di Mons. Giuseppe Imperato su Don Pansa e Sant’Alfonso Maria de Liguori

Inserito da (redazionelda), sabato 1 agosto 2020 19:25:10

Nella splendida cornice del Duomo di Scala, ieri sera (venerdì 31 luglio), è stato presentato il volume di Mons. Giuseppe Imperato: "Don Giuseppe Pansa e Sant'Alfonso Maria de Liguori. Il prete amalfitano promotore della venuta a Scala del fondatore della Congregazione del Ss. Redentore", pubblicato a cura della Proloco Scala - Costa d'Amalfi nel contesto delle celebrazioni per il 50esimo anniversario della sua fondazione.

L'evento è stato aperto dalla diffusione di un video sulla vita e la missione di Sant'Alfonso, cui sono seguiti gli indirizzi di saluto portati dal parroco di Scala Padre Vincenzo Loiodice e dal presidente della Proloco Luigi Giordano, che ha ricordato il suo legame viscerale con la terra natia nonostante la ricerca di lavoro l'avesse portato a cercare fortuna altrove.

L'introduzione ai lavori è stata affidata a Ricciotti Mansi, socio fondatore della Proloco, che ha ripercorso la storia dell'ente e il contributo che l'Autore del volume ha portato non solo alla vita del Sodalizio, ma soprattutto alla diffusione e promozione della conoscenza del rapporto tra Sant'Alfonso de Liguori, Suor Celeste Crostarosa e la città di Scala: culla del duplice istituto del SS. Redentore, come ebbe a intitolare un suo testo il sacerdote ravellese Luigi Mansi.

All'intervento introduttivo, sono seguiti gli autorevoli contributi di Don Carlo Magna, vicario foraneo della forania di Campagna - Colliano, e di Padre Sabatino Majorano, Preside Emerito dell'Accademia Alfonsiana in Roma.

Don Carlo Magna ha analizzato alcuni aspetti del rapporto tra il prete amalfitano e il ‘santo del secolo dei lumi', partendo dall'elemento dell'amicizia, che nasce da un'attrazione: l'esperienza di Alfonso dinanzi al Santissimo Sacramento.

Non è un'amicizia di carattere informativo, ma nasce da qualcosa di profondo che genera fraternità. La fraternità si traduce nella condivisione, che diventa azione, missione e charitas.

Altra caratteristica del rapporto tra i protagonisti della vicenda - prosegue Don Carlo - è il consiglio, caratteristica dello Spirito Santo, che si traduce nel rapporto con il padre spirituale, attraverso la confessione: luogo del consiglio dove si ci si reca ad aprire al pentimento al consiglio.

Terzo aspetto è l'obbedienza: porgere l'orecchio, ascoltare.

Anche se Don Giuseppe Pansa scompare dall'esperienza alfonsiana per dedicarsi alla cura d'anime della parrocchia di Santa Maria la Manna di Agerola, continua a vivere una doppia fedeltà: al servizio pastorale e all'amicizia di Alfonso. Insomma, il volume offre una traccia di riflessione per poter entrare anche nel cammino della storia della salvezza.

L'ultimo aspetto trattato da Don Carlo Magna è quello grafologico, attraverso i segni della scrittura di Alfonso. Essi denotano queste caratteristiche: stabilità, Alfonso sapeva gestire le sue emozioni e la sua vita interiore; contiguità: scrittura fluida, musicale, che si traduce in un uomo che sapeva comunicare; generosità, uomo che si donava agli altri. L'ultimo segno grafologico è testimonianza della capacità di meditare. Il volume, infine, vuole rappresenta, soprattutto per il laicato, un messaggio di vita, di grazia e di salvezza.

L'articolato e chiaro intervento di P. Sabatino Majorano ha avuto per tema gli elementi che Alfonso Maria de Liguori ha maturato nel breve periodo scalese.

Alfonso nasce da un fermento culturale meraviglioso della Napoli del Settecento, che apre alla fede e rilancia. Rappresenta l'ultimo meridionale capace di far conquistare la nostra cultura all'Europa, attraverso la priorità della realtà sulla teorizzazione, del sentimento come elemento determinante nelle decisioni, contro una dittatura della ragione fredda. Un altro elemento elaborato da Alfonso è quello della prevalenza dell'equitas sullo ius. Il valore della giustizia si esprime nella normativa e colui che la applica deve leggere attuala secondo l'equitas.

Padre Majorano passa dunque a definire gli elementi dell'esperienza scalese.

L'Amicizia: Alfonso a Scala vive l'amicizia, tradotta nel profondo rapporto di corrispondenza con Suor Celeste Crostarosa. Forse l'esperienza di Alfonso a Scala è durata pochi anni proprio a causa della fine drammatica di Suor Celeste, espulsa dal monastero, che poi ha cominciato il cammino altrove. Se fosse rimasta a Scala, Alfonso sarebbe stato più presente.

Esperienza dell'abbandono e quella dell'amicizia.

La Chiesa - prosegue P. Majorano - è una comunità dove si cammina insieme e dove l'amicizia maschile e femminile è un elemento fondante. Alfonso a Scala matura l'idea, attuata nel magistero di Papa Francesco, di una Chiesa in uscita, che deve andare dove c'è bisogno.

Altro elemento di attualità è il diritto dei poveri alla preghiera, al canto, alla scrittura, alla festa. Alfonso si schiera dalla loro parte. Una proposta in cui nessuno può essere escluso. Alfonso ha messo sulle labbra degli umili i concetti più alti.

Terzo aspetto è quello della fragilità. Sulle montagne di Scala Alfonso capisce che il motivo per cui molte persone non conoscono il vangelo non è perché non ne hanno voglia, ma perché non si evangelizza a sufficienza.

Ultimo elemento è la bellezza dei luoghi. Gli orizzonti della Costiera sembrano essere tradotti da Alfonso anche in alcune pagine iniziali della "Pratica di amar Gesù Cristo".

Le conclusioni sono state affidate a Mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi - Cava de'Tirreni, che ha fatto sintesi dei contributi presentati da Padre Majorano e da Don Carlo Magna, evidenziando anzitutto la contemporaneità anagrafica dei due protagonisti della vicenda.

Ha sottolineato infine che Sant'Alfonso ci ha lasciato un supremo insegnamento: quello di essere una comunità incarnata, missionaria, in cui la Chiesa deve essere il luogo di Misericordia, attraverso la predicazione instancabile dell'amore di Dio.

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