Storia e StorieBuon viaggio, Cosimo

Buon viaggio, Cosimo

Inserito da Antonio Schiavo (redazionelda), mercoledì 18 novembre 2020 17:39:03

di Antonio Schiavo

Sarà che eravamo praticamente vicini di casa ma in quel cortiletto di Via Trinità al numero 3 (allora la toponomastica prevedeva anche un "Santissima") sembrava ci fosse un'unica famiglia.

Tutto si condivideva e le storie di ognuna si intrecciavano con quella delle altre in uno scorrere del tempo che aveva cadenze ritmate da piccole cose, quelle di ogni giorno.

In quel mondo minuto c'era un uomo che si dava un gran da fare tutti i giorni, sotto lo sguardo rigido e l'agire frenetico di sua moglie Maddalena.

Quell'uomo era Cosimo Di Palma: lo vedevi caricare e scaricare scatoloni pieni di tutto: dalle ceramiche, fu fra i primi, se non il primo, a comprendere quanto i prodotti di artigianato (allora veramente locale) potessero attrarre i visitatori della nostra Ravello, alle calzature in stoffacolorata che anticipavano la moda sviluppatasi negli anni a venire delle esotiche "espadrillas".

Con una variante originale: l'intreccio di corda alta. Erano calzature tipiche per le estati ravellesi alternate agli zoccoli di legno; Maddalena le metteva in esposizione appena dopo Pasqua insieme a fantastici cappelli di paglia di varie fogge e misure.

Cosimo, sornione, la osservava orgoglioso tra una sigaretta e l'altra. Avevi quasi l'impressione che mentre si allestiva una mensola o un espositore lui stesse già pensando a qualche novità da proporre nella stagione successiva. Ed è proprio questo il tratto trasmesso, quasi geneticamente, ai figli soprattutto (non me ne voglia Salvatore) a Margherita che gli somiglia tanto e non solo fisicamente.

Certo se oggi che se n'è andato uno dovesse raffigurarlo in un disegno di addio lo dipingerebbe come un vulcano, con - nelle viscere - il fuoco delle idee e dell'impresa.

Lo ricordo, adesso, con le mani nei capelli, disperato per un terribile incendio che coinvolse il suo deposito, ma ne rammento pure la forza d'animo con la quale già la mattina dopo sgattaiolava tra scatole ancora fumanti e incenerite per recuperare il recuperabile.

Non sapeva cosa volesse dire starsene con le mani in mano, anche il fisico sembrava fatto apposta per un moto perpetuo: tutto nervi e ossa. Pronto a rimettersi in viaggio.

Come quella volta che si offrì, dietro una semplice richiesta di mamma, a trasportare a Firenze una intera libreria con i miei mille volumi, aiutandomi poi anche a scaricarli e portarli fino alla porta di casa (terzo piano senza ascensore).

Veniva in Toscana per andare a fare rifornimento dei famosi cappelli di paglia di Firenze (anche in questo caso fu un pioniere) che poi, ironia della sorte erano realizzati nella cittadina nella quale vivo tuttora e cioè Signa.

Qui lo conoscevano in tanti e, spesso, quando nei primi tempi mi chiedevano da dove venissi, se dicevo "Ravello" l'associazione era facile: "Ah, sei paesano di Cosimo e Maddalena".

Chissà perché, quando ti arriva una notizia come quella di oggi, pensi che un pezzo di te, della tua infanzia fatta di piccole cose e di rapporti interpersonali meno artefatti, se ne voli via, lasciandoti dentro un vuoto che, purtroppo, i soli ricordi non ce la fanno a colmare.

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