Lettere alla redazioneFondazione Ravello, dimissioni consigliere Mansi: l'intervento di Lelio Della Pietra

Fondazione Ravello, dimissioni consigliere Mansi: l'intervento di Lelio Della Pietra

Inserito da (redazionelda), mercoledì 20 maggio 2020 22:44:16

I suoi sono interventi rari ma che raccolgono sempre unanimi apprezzamenti tra i nostri lettori per il contributo che offrono, a distanza, all'analisi di fatti e circostanze legate alla Fondazione Ravello. Con una lettera indirizzata al Direttore responsabile, l'avvocato Lelio Della Pietra, componente l'ultimo Consiglio Generale d'Indirizzo della Fondazione fino al 31 dicembre del 2018, analizza le motivazioni delle dimissioni del ragioniere Michelangiolo Mansi dal ruolo di consigliere d'Indirizzo della Fondazione.

Il legale del sindaco di Napoli Luigi De Magistris, che aveva redatto il celeberrimo "libro nero" di Ravello, una dettagliata relazione da 25 pagine in cui vengono rivelati fatti e misfatti dei precedenti quattro anni di gestione dell'Ente del Ravello Festival, dal primo commissariamento alla breve presidenza De Masi e a quella di Maffettone, rileva ancora una volta lo scollamento tra i comportamenti dell’organismo e il mancato rispetto delle regole base.

Della Pietra evidenzia inoltre, la difesa di Mansi alla causa dell'ex direttore di Villa Rufolo Secondo Amalfitano, licenziato lo scorso novembre e le competenze del Consiglio d’Indirizzo sul caso.

Segue testo integrale a firma di Della Pietra.

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Egregio Direttore,

mi sia perdonato un nuovo intervento sulla Fondazione Ravello, le cui vicende, benché da lontano e distaccatamente, continuo a seguire attraverso il Suo organo di stampa.

Non Le nascondo che parte di questo interesse discende da un po' di orgoglio personale, che viene fuori quando gli accadimenti dimostrano che a paralizzare l'attività della Fondazione non erano affatto i tre facinorosi designati dall'Amministrazione precedente.

E l'orgoglio si rafforza - insieme alla certezza di aver operato solo per il bene di Ravello - quando a distanza di tempo, e con una governance completamente rinnovata adesivamente alle linee dell'attuale maggioranza al Comune, mi avvedo che le esigenze di trasparenza, moralizzazione del sodalizio, contenimento delle spese (peraltro in un momento di grave crisi economica come quello attuale), che erano state più e più volte poste in rilievo da me e dagli altri rissosi Consiglieri di Indirizzo, restano una meta da raggiungere.

Non ho il piacere di conoscere personalmente il Rag. Mansi, le cui credenziali (che Egli stesso declina in conclusione della sua lettera) non consentono di dubitarne quanto a competenza e professionalità; le dimissioni, tuttavia, lasciano perplessi, e non per le ragioni con le quali sono lungamente motivate, bensì per quelle, nella missiva comunque chiaramente esplicitate, che hanno condotto il Rag. Mansi ad accettare or pochi mesi fa la designazione da parte del Sindaco di Ravello.

Premette il dimissionario (e chi potrebbe dargli torto!) le molte criticità della gestione del Commissario Felicori, sottolineandone però una in particolare: "l'unico risultato conseguito dal signor Commissario è stato il licenziamento assurdo del ‘padre' della Fondazione Ravello, di chi l'aveva inventata dal nulla, con lungimirante intelligenza politica, con la sola colpa di aver difeso Ravello e la legalità, di chi dedicandosi anima e corpo al nostro monumento principale, Villa Rufolo, ha determinato la sua rinascita fisica e storica...".

E infatti, come si legge più avanti, a muovere Mansi a rioccuparsi della Fondazione era stata non solo l'intenzione di "reintrodurre i principi di trasparenza, etica, deontologia, legittimità e legalità", ma soprattutto "l'unanime e dichiarata volontà di ridare dignità e diritti all'unico Dirigente Ravellese della Fondazione, illegittimamente esautorato e denigrato; sul punto c'era anche l'avallo pieno e totale dei due altri componenti, i quali, per l'essere avvocati coinvolti direttamente ed indirettamente nelle vicende giudiziarie del dr. Amalfitano, ben conoscevano i fatti, gli atti, le ragioni e i diritti mortificati, spinti fino al diniego di atti per la difesa che, mani oscure ma non troppo, tenevano segretate illegittimamente".

In chiare lettere, il Rag. Mansi, insieme al legale che fino a pochi minuti prima curava la difesa in giudizio del dr. Amalfitano, e al Sindaco di Ravello, per la cui elezione l'appoggio dello stesso Amalfitano non era stato celato a nessuno, ricevevano e accettavano la designazione a Consigliere di Indirizzo allo scopo di recuperare alla Fondazione, ma aggiungerei anche alla Città di Ravello, la preziosa risorsa umana e professionale rappresentata appunto dal dr. Amalfitano.

Progetto anche condivisibile sul piano teorico, ma che su quello pratico si poneva in assoluta antitesi con le regole della Fondazione.

Allo stato dello Statuto - mi sia consentito il calembour - l'unica competenza del Consiglio Generale di Indirizzo che potrebbe in qualche modo legittimarne un intervento sull'affaire Amalfitano sarebbe quella di "determinare le priorità, le linee programmatiche e gli obiettivi della Fondazione verificandone i risultati", ma è evidente che nelle intenzioni di chi a suo tempo predispose l'art. 9 dello Statuto, di certo non c'era quella di attribuire all'Indirizzo (anche) il compito decifrare la posizione di un dipendente della Fondazione.

Ad avere la rappresentanza legale dell'Ente è, invece, il Presidente, che dovrebbe provvedere alla gestione insieme al Consiglio di Amministrazione, ma entrambi gli organi - per un vero e proprio assurdo giuridico che fa contemporaneamente convivere un organo straordinario e temporaneo quale il Commissario, e un altro ordinario come il Consiglio Generale di Indirizzo - si assommano per il momento nell'unica persona dell'avv. Bove.

Ed è all'avv. Bove, cioè al Commissario, che si sarebbe dovuta lasciare la conduzione della vicenda giudiziaria del dr. Amalfitano, in un rapporto - per così dire naturale - per il quale è chi amministra che, con l'avallo del proprio legale, e non di quello della controparte, propone una soluzione (quale possa essere, e tutti si augurano nel senso il più favorevole possibile al dr. Amalfitano) a chi su di essa dovrebbe pronunciarsi (e il Consiglio di Indirizzo a rigore neppure potrebbe farlo).

Capovolgere ruoli e doveri, e addirittura dichiarare apertamente il fine (o almeno uno dei fini) per il quale si è accolta la nomina del Comune di Ravello, significa mettere completamente da parte ogni regola statutaria.

Ed è ciò che purtroppo, deve amaramente constatarsi, continua a caratterizzare la Fondazione Ravello e il suo impervio percorso!

Le sono sempre molto grato per l'ospitalità.

Lelio della Pietra

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