C'è una cronaca di Antonio Milano, che descrive in maniera molto colorita la prima visita fatta dal Marini al Santuario dei SS. Cosma e Damiano in quel di Ravello il 18 ottobre 1916. Oggi al Santuario si arriva comodamente lungo una strada asfaltata, ricavata in un angolo tra i più belli della costiera, naturalmente in macchina. Allora, invece, quando la strada non c'era, bisognava inerpicarsi "per un aspro sentiero che mordeva la roccia". Una giovane madre sull'uscio di casa, a ridosso del sentiero, dice la sua meraviglia: "Quando mai Monsignore da queste parti! Ed intanto spinge avanti i suoi bambini, perché gli baciassero la mano: "Presto, che non l'arrivate". Il Rettore del Santuario, don Pantaleone D'Amato, va incontro all'Arcivescovo, che sale appoggiandosi al bastone... sale e suda... Ad un certo punto non si può andare avanti, il sentiero è interrotto. Don Pantaleone, allora, conduce l'Arcivescovo attraverso una vigna e lo induce a scavalcare un muretto con una scala a pioli. Sotto gli occhi la costa ammantata di verde e più giù ancora il mare... ma non si bada all'abisso quando c'è una vetta da raggiungere... Ed ecco il Santuario bianco "tra gli ulivi, accovacciato nel cavo della rupe massiccia a godersi il sorriso del mare e la gioia nel folto verde... Le campane senza campanile, piantate in alto nel cavo della roccia, squillano a festa, ma tutta la terra verde, odorosa di fiori di limoni, è in festa...
Sparsasi la notizia dell'arrivo, la gente spunta qua e là tra le vigne... C'è il vecchio col viso rosso, pieno di sorriso e gli orecchini all'antica, che si curva, scoprendo il capo. Don Pantaleone informa con compiacenza: "Uno dei miei filiani, praticante"... Una mamma gli corre incontro, frettolosa, perché avrà lasciato, per coglierla, i bambini e la casa sossopra, ancora da rassettare: "La benedizione, Eccellenza!" Sull'uscio, spalancato, c'è anche una bimba che sgrana gli occhi colmi di meraviglia. È rimasta a custodire casa e fratellini, mentre il papà è soldato e la mamma è discesa, come tutte le mattine, col carico di legna alla valle, per guadagnare il pane sufficiente, perché il sussidio non basta. Per l'aspro sentiero salgono o scendono altre, anch'esse curve a portare il perenne peso della loro vita e, di sotto al carico, alcune afferrano la mano del loro Arcivescovo per baciarla... e continuano, poi, il loro cammino nel silenzio sacro della montagna.
L'Arcivescovo rimane commosso e durante la Santa Messa nel Santuario dice: "Noi ascendiamo al Santuario dei Martiri per attingere dal ricordo del loro martirio la forza per "questo martirio" che è la vita della valle, ma più la vostra vita, o faticose creature dei monti... io vi ho viste curve e rassegnate sotto i vostri pesi... è per questo martirio che voi vivete in pace, vi fate pure e belle al cospetto di Dio...".
Dal Santuario, in quello stesso giorno, il Marini salì ancora verso Ravello e fu ospite dei PP. Convetuali.
(tratto dalla biografia "Quasi Aquila nell'infinito. Ercolano Marini, l'Uomo, il Pastore, il Teologo" del Sac. Andrea Colavolpe)