Storia e StorieSaverio Brigante e la nascita della Repubblica
Inserito da (redazionelda), venerdì 2 giugno 2017 09:31:13
Sentivo spesso parlare mia moglie di "zio Saverio", ma non le avevo mai chiesto chi fosse. Poi ho trovato, nelle carte di famiglia, una foto che lo ritrae. Insieme ad un'altra che riprende, peraltro in modo incompleto, la lapide apposta sul muro della sua casa, non sono in grado di dire se a Potenza, a Pignola (luogo di nascita, credo) o a Roma (dove risiedeva). M'è venuta così la voglia di sapere qualcosa di più di lui; solo che, non avendo modo di dedicarmi a ricerche in biblioteche ed archivi (ricerche da condurre a Roma, principalmente, e in Basilicata), mi sono affidato ai ricordi (in particolare, quelli trasmessi dal padre a mia moglie) e alle scarse notizie che son riuscito a procurarmi. Ecco la prima, e non è di poco conto: Saverio Brigante, presidente di sezione della Corte di Cassazione, ebbe un ruolo da protagonista (secondo certi ambienti nostalgici di Casa Savoia, addirittura determinante) in occasione del referendum istituzionale del 2 giugno 1946.
La nascita della Repubblica avvenne il 18 di giugno, martedì, nell'aula decima (solitamente utilizzata per riunioni di gruppi e commissioni), al secondo piano dell'ala di Montecitorio che si affaccia su piazza del Parlamento, con la proclamazione dei risultati elettorali da parte del presidente della Corte di Cassazione Giuseppe Pagano. Accanto a lui sedevano i presidenti di sezione - primo, tra questi, Brigante - , il procuratore generale, il cancelliere capo. Tutti i giudici indossavano la toga e portavano sul capo il tocco dorato. Ecco i risultati del referendum: Repubblica, 12.717.923 voti; Monarchia, 10.719.284. "La Magistratura italiana - scriveva l'Unità il giorno dopo - ha fornito ieri una grande prova di sé e ha dato a tutti gli italiani un felice esempio di fermezza e di rettitudine respingendo serenamente tutte le pressioni e tutte le minacce".
Leopoldo Elia ("De Gasperi e la questione istituzionale") così ricostruisce quegli avvenimenti: "Dopo qualche risultato parziale che procurò tra il 3 e 4 giugno una notte agitata al ministro Romita (ministro dell'Interno, ndr), la Repubblica ebbe la maggioranza dei voti validi anche se con un margine di distacco meno forte di quanto previsto dopo i risultati delle elezioni amministrative. L'annunzio fu dato in una notissima conferenza stampa dal ministro Romita e fu confermato nell'adunanza pubblica del 10 giugno, nella sala della Lupa a Montecitorio, dal Collegio della Cassazione (nella composizione speciale prevista dal decreto n. 219). La Cassazione non procedette, come più di qualcuno pensava, alla proclamazione dei risultati del referendum, in base alla somma dei voti attribuiti alla monarchia e alla repubblica in tutte le circoscrizioni elettorali. Ma la proclamazione era indubbiamente provvisoria, perché l'art. 19 del Decreto n. 219 prevedeva una seconda adunanza pubblica nella quale la Corte avrebbe emesso il giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e i reclami presentati ai diversi uffici elettorali, concernenti lo svolgimento delle operazioni relative al referendum: inoltre, si aggiungeva nella comunicazione finale del primo presidente Pagano: ‘La Corte [...] integrerà i risultati coi dati delle sezioni ancora mancanti ed indicherà il numero complessivo degli elettori votanti e quello dei voti nulli'. Specialmente la parte finale della comunicazione letta dal Pagano (a partire da ‘La Corte [...] in altra adunanza') provocò molte reazioni, anche tra alcuni componenti del Collegio...". Una situazione, questa, sottolinea in una nota Elia, che dimostra la gravità della tensione di quei giorni. "Se il presidente - sottolinea - avesse avvertito gli stati d'animo dei colleghi e dei cittadini probabilmente si sarebbe ‘coperto' facendo leggere ed approvare dal collegio l'intero testo del verbale-comunicato letto al pubblico; e avrebbe intuito che le sue parole finali comportavano, insieme all'ulteriore attesa, un pericolo per la pace civile degli italiani. Sottolineo le parole finali in senso preciso perché le proteste del Brigante riguardavano proprio la frase sulla indicazione complessiva dei votanti e dei voti nulli, compito a suo avviso di lunga e laboriosa indagine e non affidato alla Corte dalla legge (evidentemente il dlgs lgt 23 aprile n. 219)."
Il ruolo di primo piano avuto nella vicenda, per l'alta funzione esercitata, costò a Brigante l'accusa - da parte di ambienti filomonarchici - di aver capovolto la realtà "modificando le cifre nei verbali". Se al presidente della Corte di Cassazione Pagano e al procuratore generale Pilotti venivano attribuite simpatie per Casa Savoia, di Brigante si diceva che fosse comunista, addirittura iscritto segretamente al Pci. Il rapporto d'amicizia che lo legava a Togliatti (qualcuno lo definiva la sua "eminenza grigia"), alimentò sospetti quando, dietro suo suggerimento, il ministro della Giustizia distaccò presso la Corte di Cassazione duecento piccoli funzionari e impiegati col compito di sbrigare la revisione dei tredicimila verbali. Di qui l'insinuazione che ci fosse stata una manipolazione dei risultati messa in atto proprio da Saverio Brigante. Solo una cattiveria, forse, nei confronti di un alto magistrato che nella sua carriera si era sempre distinto per dottrina, capacità, competenza, dirittura morale, senso dello Stato. Lo dimostrano alcuni delicati incarichi affidatigli nell'immediato dopoguerra, dal capo del governo Ivanoe Bonomi: commissario aggiunto con delega alla epurazione nell'amministrazione pubblica (nominato il 1° agosto 1944, su indicazione del conte Sforza, alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo); componente della Commissione centrale per l'accertamento delle atrocità commesse dai tedeschi e dai fascisti dopo il 25 luglio 1942, istituita con decreto 26 febbraio 1945.
Saverio Brigante, collocato in pensione col titolo di primo presidente onorario della Corte di Cassazione, morì a Roma il 21 febbraio del 1960.