Lettere alla redazioneUn Museo-Laboratorio di Arte Contemporanea per Ravello: il contributo di Virginio Quarta

Un Museo-Laboratorio di Arte Contemporanea per Ravello: il contributo di Virginio Quarta

Inserito da (redazionelda), domenica 19 febbraio 2017 11:49:15

di Virginio Quarta

Spesso, già da anni, una riflessione, con conseguente amara constatazione, mi è frullata nella mente: perché una città come Ravello, fulcro internazionalmente riconosciuto delle attività culturali della Costa d'Amalfi, da almeno mezzo secolo produttrice di eventi artistici di elevata valenza, non ha un luogo in cui la memoria di quest'attività possa coagularsi e costituire un'opportunità preziosa per contemporanei e, soprattutto, per posteri?

Possibile che tanta rilevanza di storia, che dovrebbe diventare terreno fertile al quale affidare germogli di crescita, debba essere affidata esclusivamente a una memoria tramandata dal racconto di pochi eletti, escludendo di fatto dalla sua fruizione quanti invece potrebbero attingervi proficuamente? Il conseguente quesito che si pone riguarda l'ineluttabile caducità delle cose umane: quando il circuito della memoria avrà compiuto il suo breve percorso, cosa rimarrà del più che trentennale fervore organizzativo di chi, come Bruno Mansi, con lungimiranza e passione ha prodotto e continua a produrre (in cocciuta solitudine) in tutti questi anni?

E, soprattutto, le istituzioni preposte alla crescita culturale del territorio e le classi politiche, smarrite in un ottuso, colpevole e irrispettoso galleggiamento, quando cominceranno a capire che l'unico investimento produttivo risiede nell'ambito della cultura?

Un ministro della Repubblica (la nostra Repubblica!)osò affermare che con la cultura non si mangia. E, allora, l'incremento rilevante verificatosi, anche nell'anno appena conclusosi, di visitatori dei nostri musei e delle nostre aree archeologiche non contribuisce a creare benessere?

E chi amministra un luogo come Ravello, visitato da milioni di viaggiatori, gran parte dei quali appartenenti a classi abbienti e culturalmente avvertite, non dovrebbe sentire il dovere, se non l'orgoglio, di proporre il racconto di una vocazione che l'ha imposto alla loro stupefatta attenzione?

I pionieri, si sa, spesso finiscono per smarrirsi nella palude dello scetticismo, dell'ignavia e dell'insensatezza dell'invidia e subiscono sempre (o quasi) il medesimo destino: considerati nel migliore dei casi sognatori strampalati, o etichettati come sfruttatori di periodi "fortunati", infine sopraffatti dal flusso di coloro che del fenomeno recepiscono solo il risvolto mercenario, arrampicandosi su di un carro che non hanno contribuito a costruire.

Questi i più pericolosi, perché avvolgono in una nebbia appiccicosa, aromaticamente accattivante, la parte più fragile e inesperta di fruitori. Il risultato è lo svilimento (e la banalizzazione) del percorso primordiale, basato invece sulla crescita collettiva della percezione e delle aspirazioni evolutive individuali.

Ecco, è proprio questa l'azione che Bruno Mansi, spinto e sorretto dall'amore per l'arte e per la propria città, ha svolto in questi decenni: affermare la supremazia della cultura evitandone la brutale mercificazione.

Grandi artisti, di fama nazionale e internazionale, sono saliti fino all'incanto di questi luoghi, ritenendo l'invito ad esporvi le proprie opere come un sommo onore e una crescita del proprio divenire artistico e professionale. Con umiltà, quella dei grandi, si sono calati nel ruolo che esige ogni nuovo approdo, spogliandosi degli inevitabili orpelli che la notorietà elargisce e hanno offerto la propria sensibilità creativa ai luoghi, imprimendovi la visione del proprio bagaglio umano e artistico.

Tutti questi grandi uomini hanno onorato Ravello e da Ravello hanno ricevuto l'onore di farli sentire parte di essa, l'hanno cantata come solo i grandi artisti sanno fare, portandola poi nel cuore per sempre.

E Ravello cosa ha fatto per loro? Oltre a prestare le chiavi di un paradiso di cui non è proprietaria, ma solo fortunata custode, cosa ha concesso alla memoria del loro passaggio?

Tante domande per nessuna risposta.

Naturalmente non è affatto tardi per porre rimedio a tanta colpevole superficialità, ma occorre fare in fretta e in fretta ravvedersi. Nessuno, ovviamente, propone la riesumazione di concetti museali ormai superati, ma non sarebbe né difficile né faticoso individuare un'area (e organizzarla), un contesto nel quale rivivere i fotogrammi più significativi di un film meraviglioso e unico, istruttivo, proponendo nel contempo la visione delle opere, numerose, che i protagonisti hanno lasciato a loro memoria.

Non mancano le persone, né la vivacità intellettuale, pronte a mettere a disposizione della comunità la loro lunga esperienza e il tesoro delle loro acquisizioni. Basta un atto di apertura, di buona volontà, di amore per la propria gente e la propria città. Dimostrare finalmente intelligenza e avvedutezza imprenditoriale, dare contezza di una politica che abbandona una volta per tutte la miope visione dell'apparenza, per spaziare su orizzonti più ampi e nobili. Accettare cioè che le persone non sono solo portatrici di voti, ma anche cervelli che vorrebbero spaziare più in alto, negli ambiti della crescita esistenziale, significherebbe operare quel salto di qualità necessario a collocare luoghi e persone in una dimensione altra, più consona a quel grande miracolo che è l'essere umano nell'interezza della sua più intima essenza.

*artista salernitano, amico vero di Ravello

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