Economia e TurismoCarenza lavoratori del turismo, a Maiori imprenditore costretto a tenere chiuso uno dei suoi ristoranti

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Carenza lavoratori del turismo, a Maiori imprenditore costretto a tenere chiuso uno dei suoi ristoranti

A un mese dall’estate, anche in Costiera Amalfitana bisogna fare i conti con la carenza di lavoratori del turismo. Esemplificativo il caso di un imprenditore di Maiori, che ha dovuto chiudere uno dei suoi due ristoranti

Inserito da (Redazione LdA), giovedì 12 maggio 2022 18:40:32

A un mese dall'estate, anche in Costiera Amalfitana bisogna fare i conti con la carenza di lavoratori nell'ambito ricettivo e della ristorazione.

Esemplificativo il caso di un imprenditore di Maiori, che ha dovuto chiudere uno dei suoi due ristoranti perché non ha reperito abbastanza personale. Lui è Vincenzo Cerchia, proprietario di due attività nel Corso Reginna: l'Osteria Totò e Peppino e il Ristorante Masaniello.

«Non è vero che non c'è lavoro. Il lavoro c'è, mancano le persone disposte a lavorare», ha detto, intervistato da "Il Vescovado".

«La maggior parte delle persone venute a chiedere lavoro - ci ha raccontato - non avevano reali intenzioni: stavano sondando il terreno. Alcuni non erano abbastanza motivati e pronti ad assumersi responsabilità, altri avevano già trovato un lavoro e volevano solo ritrattare: se la paga che gli avessi proposto sarebbe stata più alta del loro stipendio avrebbero abbandonato il posto attuale. Ma non voglio essere io a mandare in difficoltà le altre aziende, vista la situazione che riguarda tutti».

Vincenzo ha in squadra attualmente dieci dipendenti: ne sarebbero serviti altri dieci, ma non li ha trovati e così ha deciso di rinunciare ad aprire uno dei due ristoranti.

«Ho la stessa squadra di sempre: persone di cui mi posso fidare e che hanno la motivazione giusta per lavorare. Quest'anno sono riuscito ad ampliare il mio organico soltanto con una nuova figura», ha spiegato.

E quando gli abbiamo chiesto il suo pensiero in merito alle cause di questa piaga che affligge il settore del turismo ci ha risposto: «Nei giovani manca lo spirito del sacrificio. Questi due anni di pandemia hanno cambiato la mentalità: se ti becchi un virus e puoi morire da un momento all'altro a cosa serve fare i sacrifici? Tanto vale godersi la vita il più possibile! Il mestiere di chi lavora in un ristorante, che sia un cuoco, un cameriere o un lavapiatti, è fatto di sacrifici, di ritmi che ti tolgono la possibilità di uscire il sabato o la domenica. E i giovani non sono più disposti a rinunciarci».

Infine, dopo la crisi sanitaria che ha tenuto chiusi per mesi ristoranti, bar e alberghi un impiego nel turismo viene percepito come insicuro. E molti giovani hanno deciso di trovare lavoro altrove.

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