Attualità“‘A cannarizia”, la grande tradizione gastronomica della Costa d’Amalfi raccontata da Sigismondo Nastri

“‘A cannarizia”, la grande tradizione gastronomica della Costa d’Amalfi raccontata da Sigismondo Nastri

Inserito da (redazionelda), sabato 27 gennaio 2018 18:21:00

L'Italia, si sa, è il paese della buona tavola e tutta l'attenzione, di questi tempi, è orientata verso la cucina. Che sia d'autore o tipica non fa differenza: tutti vogliono cucinare - e soprattutto mangiare - bene. E nel mare magnum delle pubblicazioni di tutto lo Stivale, dalle Alpi alla Valle dei Templi, ve n'è una davvero autorevole, fresca di stampa, che attraverso il cibo racconta la storia di un territorio di ineguagliabile bellezza: la Costiera Amalfitana.

 

"‘A cannarizia" è l'ultimo (in ordine di tempo) lavoro di Sigismondo Nastri, decano dei giornalisti costieri, edito da AreaBlu di Cava de' Tirreni col supporto di CiBOlento, Spa del cibo e SlowFood Cilento.

Un vero e proprio trattato di cucina per tanti versi atipico, nel quale le ricette sono per lo più il corollario di un racconto che parte dagli anni della seconda guerra mondiale, quando l'autore, 82enne, era bambino.

 

«Molti scrivono di gastronomia - dice Nastri in premessa - in rapporto a quello che mangiano nei ristoranti: pietanze elaborate, preparate da bravissimi chef, raffinate nella preparazione e nella disposizione su un piatto». Lui, invece, si occupa di "pietanze semplici, povere", legate al proprio vissuto, a quello che ha imparato in oltre sessant'anni di frequentazioni, di incontri con persone della Costiera: in particolare, anziane signore, eredi degli insegnamenti ricevuti dalle generazioni precedenti.

Ernesto D'Alessandro, di SlowFood Cilento, nella prefazione rileva: «Sigismondo è uomo appassionato di cibo, un gastronomo, che vive in un pezzo d'Italia stupendo, di bellezza strana e contorta, che in pochi chilometri è capace di far sentire l'odore delle castagne e della montagna, avere alle spalle un degradare di olivi, limoni e viti verso il mare. [...] Egli gira per i paesi e sente l'umore delle persone. Umore che si esprime nei giorni di festa, come nei giorni di lavoro, attraverso la creazione di piatti colorati e saporiti che ritrovano ingredienti mutuati da ogni pare del mediterraneo a ricordare come questa terra, non diversamente dalle altre terre marine che circondano questo mare, sia fatta di odori e sapori che nel viaggio hanno trovato casa».

Il libro, curato dallo Studio Motive di Cava de' Tirreni, e arricchito dai disegni di Bruna Pallante, si presenta in una veste grafica semplice ma efficace, che richiama le i titoli e le pagine di vecchi giornali. Il racconto, se così lo possiamo definire, parte dall'elogio dei maccheroni, "simbolo della gastronomia napoletana", si sofferma sulla "cucina delle feste", sulla descrizione del "menù della vigilia e quello di Natale". Di rilievo, e denso di memorie, il capitolo sulla "tradizione della pizza ad Amalfi nel giorno dei Defunti".

«Il ricordo è l'unico paradiso dal quale non possiamo venir cacciati» sostiene Nastri, facendo sua un'affermazione dello scrittore e pedagogista tedesco Jean Paul. E sul filo dei ricordi, personali e collettivi, elabora la sua narrazione: che parte dall'alalunga in olio d'oliva, di cui era maestro Guglielmo Sirena, bidello nell'Istituto professionale per il commercio - la scuola nella quale egli ha trascorso tutta la sua vita lavorativa -, e si chiude con la "zuppa di soffritto di maiale", specialità delle osterie che accoglievano i carrettieri, quando sulla strada della Costiera non circolavano ancora le auto. Un percorso gastronomico-letterario, che spazia dalle zeppole di Natale alle chiacchiere di Carnevale e alla pastiera, dal liquore Concerto di Tramonti alla melanzana col cioccolato, tipicamente maiorese, fino al sanguinaccio "che non c'è più", del quale era maestra la pasticceria Pansa; dal ragù alla genovese; dal migliaccio praianese agli ‘ndunderi di Minori; dal sarchiapone atranese alla colatura di Cetara; dai totani e patate di Praiano al "gattò di patate del Cavaliere", fino al "piacere della scarpetta".

Il volume è stato la strenna natalizia dello chef stellato Christian Torsiello dell' Osteria Arbustico, da poco trasferita da Valva a Paestum.

Singolare il titolo: ‘A cannarizia. Cioè, la golosità. Che è il peccato di gola: non un peccato capitale - come rilevava Max Vajro -, al quale si accompagna un senso di colpa, ma "un peccato intelligente" che, aggiunge Nastri, «ti trasporta in uno stato di sommo godimento, come quando fai l'amore».

Unico neo: il libro non è in vendita e chi ha avuto la fortuna di averlo lo custodisce gelosamente. C'è da sperare che se ne possa fare presto una riedizione, da affidare ai circuiti commerciali.

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