Si è conclusa in serata, dopo circa due ore, l'audizione di Vincenzo Abbagnale davanti alla Procura Antidoping. Il canottiere azzurro, figlio del presidente federale Giuseppe Abbagnale, è stato ascoltato in giornata in merito alla mancata reperibilità ai controlli antidoping che lo ha portato ad autosospendersi dalle attività e che mette in discussione la sua partecipazione alle olimpiadi di Rio De Janeiro il prossimo agosto.

L'atleta, già campione del mondo e componente l'equipaggio amalfitano alla regata delle quattro Repubbliche Marinare del prossimo 12 giugno, è responsabile di tre mancate reperibilità al controllo antidoping rese note il 10 febbraio scorso. All'uscita dagli uffici dello stadio Olimpico di Roma, evidentemente scosso e demoralizzato per quanto accaduto, ha rilasciato alcune dichiarazioni ai giornalisti presenti. «È già difficile allenarsi in questo sport essendo sereno psicologicamente, figuriamoci in un momento in cui puoi pensare che ti stai allenando per niente. Sto cercando di tenere duro almeno fino alla sentenza, seppure con parecchie difficoltà» ha detto.

Qualora il procuratore Tammaro Maiello dovesse deferirlo, Abbagnale junior rischierebbe fino a due anni di squalifica. Ma lui non perde le speranze di uscire indenne da questa situazione così da poter partecipare all'Olimpiade. «Finché i giochi non sono chiusi - ha concluso- mantengo vive le speranze. Sicuramente negli ultimi tempi ho mollato molto la presa con gli allenamenti, ho lasciato la squadra nazionale e sono tornato a casa, quindi devo dire che le mie speranze rimangono poche. Sono frustato perché so di essere accusato di una cosa che non avrei mai immaginato: non è un caso di doping, è una mancata reperibilità, però è una situazione in cui pensi di non poterti mai trovare».