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Tu sei qui: SezioniStoria e StorieLa scuola buona
Scritto da Antonio Schiavo (redazionelda), martedì 15 settembre 2015 10:15:45
Ultimo aggiornamento martedì 15 settembre 2015 10:15:45
di Antonio Schiavo
Marianna Puglia, chi era costei?
"Domani viene la Direttrice!" Bastava questa comunicazione (o minaccia) fattaci dal Professore Cappuccio e i nostri sogni di bambini agli inizi degli anni sessanta si popolavano di incubi.
Era lei, la Direttrice Didattica. Forse la persona più buona di questo mondo, ma per noi solo l'immagine della inflessibilità e della severità mentre tremebondi eppure impettiti e compunti scattavamo all'impiedi quando entrava in classe o assisteva in prima fila all'esecuzione della leggenda del Piave preparata sotto la guida dei maestri Giannetto Ansanelli e Lorenzo Imperato che, con rispettive consorti Ada e Michelina, quotidianamente curavano la crescita morale prima che intellettuale di un esercito di figli adottivi.
Chè tali erano i bambini di Ravello, da formare come e più di quelli naturali (un altro battaglione), con la presenza assidua e amorevole, costante e rigida quando occorreva, consapevoli di tenere nel palmo della loro mano il futuro delle generazioni a venire.
Reminiscenze nostalgiche mentre leggevo, il primo giorno di scuola, dell'allocazione (speriamo il più possibile temporanea) delle aule delle elementari (pardon primaria!)in prefabbricati.
Anche le nostre erano sparse sul territorio in ambienti potremmo dire di fortuna: nei locali dove adesso ci sono gli Uffici del Comune, a Santa Chiara, sul Lacco, oltre che nelle frazioni.
Ma era un altro mondo: tutto più semplice e soprattutto più chiaro.
Innanzitutto un solo insegnante da cui apprendevi tutto fin dalle basi che erano solide: copia e dettato, tabelline, storia e geografia (provate adesso a chiedere ad un ragazzo quali sono gli affluenti del Po e cosa è successo a Solferino).
C'erano i voti. Duri, sinceri, inequivocabili e non come quelle mezze misure incomprensibili e bizantine camuffate come giudizi. Il due era due e voleva dire che eri una capra e il nove era garanzia di capacità espresse e in fieri. E poi c'era il sex (niente a che fare con you porn) segnato a penna su quelle pagelle di cartoncino colorato sottoscritto dalla tiranna di cui all'incipit di questo pezzettino e dal padre o da (bontà loro) chi ne fa le veci.
E le attività manuali e pratiche: la Signora maestra Bisogno rendeva edotte le fanciulle su come ad esempio si rammendava un paio di calzini. Il disegno si chiamava disegno e non ti potevi confondere su cosa fosse la ginnastica anche se non c'era alcuna palestra (ma oggi, nel terzo millennio, a Ravello c'è?).
Tutti in grembiule con, se non ricordo male ma non prendo impegni, un fiocco rosa per la prima, azzurro per la seconda, rosso per la terza, blu per la quarta e verde per la quinta che difficilmente reggeva fino al termine delle lezioni e ogni tanto la bidella (altra brutta parola, oggi si chiamano collaboratori scolastici) Anna Villani doveva intervenire per sistemarlo.
Poi tutti in fila per due con le maestre Sullutrone in testa e Tomaciello a chiuderla mentre andavi a messa (senza timore di urtare la sensibilità e la suscettibilità di nessuno) per l'inaugurazione dell'anno scolastico, per il precetto pasquale e per Natale.
Quando si faceva il presepe (famoso quello di zio Mario Palumbo a Sambuco) e veniva Don Ciccio Camera a benedirlo mentre un gruppetto intonava (si fa per dire) il più sgangherato "Tu scendi dalle stelle" che si possa immaginare.
Un altro mondo si diceva, dove non c'era alcuna necessità di fare proclami demagogici sulla buona scuola perché il buono era in ognuno di quelli che ci si dedicavano come in una missione e non su slides zeppe di paroloni astrusi, inglesismi o di specchietti per le allodole.
E, in fin dei conti, piene di niente.
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