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Tu sei qui: SezioniStoria e StorieIl Campione e le miss
Scritto da (ranews), lunedì 14 maggio 2018 10:59:21
Ultimo aggiornamento lunedì 14 maggio 2018 11:00:02
Di Antonio Schiavo
Correva, mai verbo fu più appropriato, l'anno 1978, nel bel mezzo di un mese di maggio tipicamente ravellese. Un cielo pennellato di azzurro intenso, graffiato appena appena da qualche cirro all'orizzonte che improvvisamente si trasformava in cumulone nero e ci scaricava addosso secchiate d'acqua in un sottofondo di tuoni che un tecnico delle luci bizzarro intervallava da lampi e fulmini tra le montagne. Una trubbea, per capirci.
Quel 15 maggio, però, il Gran Pittore aveva l'ispirazione giusta. D'altra parte, Ravello era già in gran spolvero, colorato di rosa per un evento che aspettavamo da mesi, da quando cioè la Gazzetta dello Sport aveva annunciato che una tappa del Giro d'Italia si sarebbe conclusa proprio in Piazza Vescovado.
Si trattava di una tappa in linea (Benevento-Ravello) con il primo arrivo in salita della corsa.
Niente a che vedere, chiaramente, con le Tre Cime di Lavaredo o la Cima Coppi ma comunque un bell'impegno al termine di un percorso lungo tant'è che, il giorno dopo, molti corridori, memori dell'acido lattico accumulato nei 5 chilometri da Castiglione, dedicarono un accorato "vaffa" alla nostra cittadina e alla sfibrante pendenza della strada.
Lo striscione del traguardo, posto tra Casa Sorrentino e uno dei pini della piazza, fu tagliato per primo da Beppe Saronni (che poi arrivò a Milano in maglia rosa) fra due ali di folla plaudente (adesso sembro quasi lo speaker di un cinegiornale "Luce") tra cui molti di noi interessati, oltre che alla gara, anche alle due sventole che, come in ogni giro che si rispetti, consegnavano maglie di vari colori e fiori ai vincitori e, contemporaneamente , ammiccavano ai ragazzi del luogo in pieno picco ormonale.
Ricordo - allora gli smartphone non erano nemmeno nella mente di Giove - che papà mi prestò una cinepresa 8 mm con cui ripresi le ultime fasi della tappa, le interviste di Giorgio Martino e dell'indimenticabile Adriano De Zan, i corridori in fila per l'estemporanea sala antidoping a Palazzo Cicalese.
Mi son fatto riversare quei fotogrammi muti, sgranati e al rallentatore su più moderni DVD e, ogni tanto, quando mi prende una botta di malinconia, me li riguardo e mi sembra di rivivere le sensazioni di quella giornata, travolto dall'entusiasmo di avere vicini tanti campioni, di ammirare le ammiraglie ricoperte dai simboli degli sponsor e le vere biciclette da corsa fino ad allora viste solo in televisione o sui giornali.
E, in fondo, riscoprirsi ingenuamente innamorati di una delle due miss, sognando ad occhi aperti di essere al posto di Saronni.
Non certo per la maglia del primo in classifica...
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