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Tu sei qui: SezioniStoria e Storie24 aprile 1184 a.C., i greci entrarono a Troia all'interno del cavallo
Scritto da (redazionelda), martedì 24 aprile 2018 12:35:24
Ultimo aggiornamento martedì 24 aprile 2018 12:36:46
Il 24 aprile del 1184 A.C, secondo la tradizione, gli antichi greci entrarono a Troia (oggi Truva, in turco) servendosi dello stratagemma di un finto cavallo. Nella notte, dalla pancia del cavallo dove si erano nascosti, fuotiuscirono i soldati greci ed aprirono le porte e così l'armata poté entrare e distruggere la città.
"Via, dunque, siegui, e l'edifizio canta
Del gran cavallo, che d'inteste travi,
Con Pallade al suo fianco, Epéo construsse,
E Ulisse penetrar feo nella rocca
Dardania pregno, stratagemma insigne!
Degli eroi, per cui Troja andò in faville.
Ciò fedelmente mi racconta, e tutti
Sclamar m'udranno, ed attestar, che il petto
Di tutta la sua fiamma il Dio t'accende.
Demodoco, che pieno era del Nume,
D'alto a narrar prendea, come gli Achivi,
Gittato il foco nelle tende, i legni
Parte saliro, e aprîr le vele ai venti,
Parte sedean col valoroso Ulisse
Ne' fianchi del cavallo entro la rocca.
I Troi, standogli sotto in cerchio assisi,
Molte cose dicean, ma incerte tutte.
E in tre sentenze divideansi: o il cavo
Legno intagliato lacerar con l'armi,
O addurlo in cima d'una rupe, e quindi
Precipitarlo, o il simulacro enorme
Agli adirati Numi offrire in voto.
Questo prevalse al fin: poichè destino
Era, che allor perisse Ilio superbo,
Che ricettata nel suo grembo avesse
L'immensa mole intesta, ove de' Greci,
Morte ai Troi per recar, sedeano i Capi."
Così, nel libro ottavo dell'Odissea, il leggendario poeta Omero narra delle vicende che hanno visti protagonisti le popolazioni dell'Antica Grecia contro gli eterni nemici di Troia. L'idea venne allo stesso Odisseo cui è intitolata l'opera. Ovvero Ulisse, re di Itaca, la cui astuzia è stata tramandata nella memoria proprio per avere inventato la soluzione che, secondo Omero, garantì un epilogo positivo al decennale assedio dei greci contro la città di Ἴλιος (Ilio). Ulisse, vista la resistenza ad oltranza dei troiani, suggerì al comandante Agamennone di puntare sulla furbizia più che sulla forza. I Greci, dopo dieci lunghi anni di assedio ai troiani, finsero di andar via lasciando un cavallo gigantesco sulla spiaggia con all'interno i più valorosi guerrieri greci tra i quali Ulisse e Agamennone.
Gli assediati, vedendo andar via la flotta uscirono e si radunarono intorno al Cavallo, abilmente tratti in inganno dal racconto di Sinone, un giovane greco istruito da Ulisse, che lo descrisse come oggetto propiziatorio nei confronti di Atena per il ritorno degli Achei. I troiani per ingraziarsi la dea lo trascinarono dentro le mura, decretando la loro sconfitta e rendendo immortale il cavallo di legno, associato per sempre alla caduta della loro città.
L'episodio del cavallo di Troia è riportato in maniera più estesa nell'Eneide, in un racconto fatto da Enea a Didone, regina di Cartagine, sulla fine della sua città.
Ma cosa c'è di vero dietro questo racconto epico? Gli storici sminuiscono la leggenda del cavallo di Troia che, a detta loro, altro non sarebbe stato se non un grande ariete da sfondamento. Secondo lo studio di un archeologo navale dell'Università di Aix-en-Provence e Marsiglia, Francesco Tiboni, si tratterebbe, invece, di un tipo di nave fenicia molto diffusa a quei tempi, chiamata hippos (cavallo) per via della polena ornata da una testa equina. Da qui sarebbe nato il mito o, addirittura, l'equivoco dei traduttori.
E' certo, invece, che si tratta di un evento che, sebbene non sia mai avvenuto come noi lo conosciamo, ha lasciato un marchio duraturo nell'immaginario collettivo di miliardi di persone ed è diventato parte del nostro patrimonio culturale.
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