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Tu sei qui: RubricheGusto GiustoLa ricetta della tradizione: lagane e ceci
Scritto da (Redazione), sabato 27 gennaio 2018 20:00:42
Ultimo aggiornamento giovedì 3 ottobre 2019 12:49:34
di Sigismondo Nastri*
«Guaie a chi porta 'a mala nnummenata», recita un proverbio, che potrebbe ben essere applicato alla pasta e ceci, accusata di provocare meteorismo, gonfiore addominale, flatulenza. Una pietanza definita addirittura "lampe e truone". Se uno ti chiede: «Che hai mangiato?» e tu rispondi «Pasta e cìcere», ti senti subito ribattere: «Zitto, nun ‘o dicere!». Come se avessi fatto qualcosa di riprovevole, da tenere nascosto. Niente di più sbagliato.
I ceci, utilizzati in cucina sin dai tempi antichi, hanno un alto contenuto proteico e vantano spiccate proprietà energetiche. Nel Salernitano, a Cicerale ("terra quae cicera alit", è scritto nello stemma comunale) se ne produce una varietà molto apprezzata per il sapore intenso. A Maiori c’è un rione chiamato Casale dei Cicerali, che in qualche modo richiama questo legume.
Per preparare la pietanza occorre innanzitutto che i ceci siano messi in ammollo la sera prima, meglio se con l’aggiunta di un po’ di bicarbonato di sodio. L’indomani si pongono sul fuoco con abbondante acqua, portandoli a cottura a fiamma bassa e recipiente coperto. Alcuni utilizzano la stessa acqua dell’ammollo, io preferisco risciacquare i ceci e cambiarla. Una volta cotti, si versa il condimento: olio extravergine d’oliva insieme a uno spicchio d’aglio, una manciata di prezzemolo tritato, sale q.b., un pezzetto di peperoncino piccante. E, se piace, un rametto fresco di rosmarino. Io ci aggiungo una punta di cucchiaio di conserva di pomodoro, ma non faccio testo.
C’è chi lessa la pasta e poi unisce i due elementi facendoli amalgamare e insaporire sul fuoco. Io, per insegnamento ricevuto, preferisco cuocere (al dente) le lagane con i ceci, dopo che questi sono stati conditi. Aggiungendo un po’ di acqua calda, ma solo se ce n’è bisogno. La pietanza, alla fine, deve risultare cremosa: né troppo secca ma neppure brodosa.
tratto dal volume "'A cannarizia"
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