Lettere alla redazioneIl grande cuore di Don Pantaleone

Il grande cuore di Don Pantaleone

Inserito da (redazionelda), giovedì 14 maggio 2015 16:48:40

di Salvatore Ulisse Di Pama*

Una comunità, come dice il Poeta, è fatta di terra e di sangue.

Io aggiungerei è fatta di volti, di suoni, di lacrime e di aneddoti.

Un ricco patrimonio a cui attingere e a cui far ricorso quando si comincia a parlare di una persona compaesana, viva o estinta che sia.

Un muro sbrecciato, un'aiuola, una panchina, una fontanella, testimoniano lontani ricordi, tuffi al cuore, emozioni difficili da illustrare ma che ti riempiono dentro e ti aiutano a vivere .

Il Santuario dei Santi Medici Cosma e Damiano finchè ci sarà ricordo, finchè si susseguiranno generazioni diverse, sarà un tutt'uno con la presenza e l'impegno di un uomo, di un sacerdote: Don Pantaleone Amato.

Un personaggio unico, per chi l'ha conosciuto, un personaggio che si ricorda volentieri e per chi, come me l'ha conosciuto da bambino e poi come medico lo si è ritrovato quale paziente.

E, come in un film in bianco e nero ecco vedere i suoi sorrisi di rudezza ma ancor più di tanta umanità.

Il suo apparire burbero, il suo atteggiamento talora scontroso, da bambino m' intimoriva ma devo ammetterlo esercitava anche un particolare senso di sicurezza di un uomo fra gli uomini, duro, forte come solo lo sanno essere gli uomini della montagna, della fatica, di quanti conoscono le difficoltà del vivere quotidiano ed ancora di più di mantenere il contatto con il gregge a lui affidato.

Don Pantaleone Amato non era un uomo di giaculatorie e, poco incline al cicaleggio delle beghine che nei tempi addietro affollavano la sacrestia.

Don Pantaleone Amato sapeva arrivare dritto al cuore della gente, sapeva dialogare con gli uomini ecco perché le partitelle a carte erano occasione per incontrare gli amici, gli uomini del paese e conquistarli, consigliandoli e forse convertendoli.

Una sorta di Don Giovanni Bosco che amava i passatempi e studiava gli atteggiamenti per far sentire e sentirsi ravellese fra i ravellesi, un pari sicuramente per dignità, per umiltà, per la missione che aveva scelto in tempi lontani e duri.

Un sacerdote "sui generis" direi, di quelli che si amano o si evitano ma, sicuramente un sacerdote autentico, di cui potersi fidare e a cui poter ricorrere per un consiglio.

Un sacerdote pieno di tanta umanità.

Il ricordo ha un senso ed uno scopo che è quello di non dimenticare le nostre radici, il nostro vissuto, le nostre incomprensioni.

Lo stare assieme e il comprendersi reciprocamente, fa sì che tutto questo sia comunità, che la rende famiglia e ci aiuta a pensare guardando al passato e proiettandosi al futuro, creando non la "città del sole" ma, una città vivibile ma, ancor di più matura.

Grazie Don Pantaleone Amato per ciò che ci hai lasciato.

* cardiologo, poeta e scrittore

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