ChiesaFra Antonio Mansi: venerdì si apre la causa di beatificazione del "più Grande Figlio di Ravello”

Alle 12 al Palazzo Apostolico di San Giovanni in Laterano

Fra Antonio Mansi: venerdì si apre la causa di beatificazione del "più Grande Figlio di Ravello”

Venerdì a Roma sarà presente una delegazione di cittadini di Ravello che raggiungerà la capitale in pullman, col viaggio organizzato dalla famiglia Mansi di Ravello

Inserito da (redazionelda), lunedì 4 marzo 2019 19:18:43

Si aprirà ufficialmente venerdì 8 marzo, alle 12, al Palazzo Apostolico di San Giovanni in Laterano, la causa di beatificazione di Fra Antonio Mansi da Ravello. Ad avviare il processo il cardinale Angelo De Donatis, vicario di Papa Francesco per la Città di Roma.

Dopo la pubblicazione dell'Editto del vicariato di Roma, il 25 ottobre 2018, con cui si annunciava l'apertura della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio fra Antonio Mansi, chierico professo dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, questa lieta e tanto attesa notizia, fu comunicata anche ai fedeli di Ravello raccolti in preghiera nella chiesa di San Francesco la sera del 31 ottobre 2018, nel ricordo del primo centenario della morte del giovane ravellese.

Venerdì a Roma sarà presente una delegazione di cittadini di Ravello che raggiungerà la capitale in pullman, col viaggio organizzato dalla famiglia Mansi di Ravello.

Prenderanno parte alla cerimonia anche i frati del Convento di Ravello con il ministro provinciale, fra Cosimo Antonino, ed il vice sindaco di Ravello, Salvatore Ulisse Di Palma, in rappresentanza dell'amministrazione comunale.

La promettente giovane esistenza di questo fervente religioso, bellamente definito "il più Grande Figlio di Ravello", studente di teologia presso il Collegio Serafico San Teodoro, a Roma, mentre immerso negli studi sacri e scrupolosa-mente attento alla formazione religiosa si preparava alla Ordinazione sacerdotale coltivando nel cuore il proposito di celebrare la Prima Messa a Ravello sulla tomba del beato Bonaventura da Potenza, fu spezzata dalla febbre spagnola che lo condusse alla morte, come recitavano contemporaneamente l'Elenchus Alumnorum del Collegio e il necrologio nel Commentarium Ordinis. All'età di 22 anni, 4 mesi, giorni 2, alle 9 antimeridiane, del 31 ottobre 1918, vigilia di Tutti i Santi, il servo di Dio moriva a Roma, passando dalla preghiera ad una breve agonia, con i segni più belli di predestinazione. Ora, presso il Vicariato di Roma, si è costituito il tribunale diocesano con il compito di raccogliere tutte le notizie circa la vita e le testimonianze di quanti hanno conosciuto Fra Antonio Mansi, al fine di offrire alla Chiesa la possibilità di conoscere e valutare le prove di autentica santità emerse nella pur breve vita religiosa del giovane francescano, impegnata nella totale ammirevole, generosa e costante tensione spirituale alla perfezione cristiana per conformarsi al Vangelo di Cristo sull'esempio del Serafico Padre, Francesco di Assisi, e del Beato Bonaventura da Potenza. La testimonianza eroica di questo primo Servo di Dio ravellese, di cui auspichiamo il pieno riconoscimento ufficiale dell'autentica santità conquistata in breve tempo e che tanto onore aggiunge alla gloriosa storia civile e religiosa della Città, stimola la nostra coscienza cristiana a ravvivare la comune eredità di fede, di cui non sempre siamo degni custodi. Tanta grazia che arricchisce la nostra comunità ci obbliga a conoscere la splendida figura spirituale di questo giovane - recentemente raccontataci nell'agile biografia prodotta dallo scrittore francescano Padre Gianfranco Grieco - come modello di vita anche per il nostro tempo, e rivolgere a Lui la comune ardente preghiera di benedire la sua terra e vegliare dal cielo con la sua protezione soprattutto sulla nostra gioventù bisognosa di modelli autentici cui guardare per realizzarsi pienamente nella vita.

Dalla Testimonianza di Padre Stefano Ignudi, rettore del Collegio Internazionale Serafico: «Con la pratica della vita nascosta, interiore, e sotto una esteriorità semplice, tranquilla, naturale, con cui studiava che nulla trapelasse di quei grandi tesori di santità di cui il Signore lo aveva arricchito. Fornito di doti squisite d‘ingegno, di gusto letterario e artistico, coltivò anche la poesia, la lingua inglese (ed ebbe care le opere del Faber), il canto e la musica nella Pontificia Scuola di Musica Sacra, che del suo talento concepiva le più belle speranze. Raccoglieva per iscritto quanto di meglio incontrava per gli studi e per la pietà, e lasciò alcuni mano-scritti veramente preziosi di sue memorie e sentimenti nella vita spirituale, che mostrano a quanta perfezione, prudenza, maturità di giudizio e saviezza il Signore avesse già ele-vato questo suo Servo in così fresca età. Nel gennaio del 1913 aveva letto la Vita di San Giovanni Berchmans. Da quel punto egli prese a modello questo Santo studente della Compagnia di Gesù, e diceva a se stesso: Terrò sempre davanti agli occhi il mio caro San Giovanni Berchmans, il Santo che ha fatto tanto bene alla mia anima».

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