AttualitàA proposito di banche

A proposito di banche

Inserito da (admin), lunedì 12 settembre 2016 09:37:58

"Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta..."
Film in due tempi: "Primo tempo" serio - "Secondo tempo" semiserio

di Alberto Quintiliani*

PRIMO TEMPO (serio)

Il sommo poeta Dante nel sesto canto del Purgatorio, dopo l'incipit continua con "....non donna di province ma bordello...". Ritengo , a mio modesto avviso, quest'ultima definizione - anche se un po' forte - abbastanza appropriata per "etichettare" in negativo il periodo (lunghissimo) che sta attraversando la nostra martoriata Italia, soprattutto sotto il determinante aspetto economico, settore che influenza " a cascata" tutte le altre componenti economiche e sociali del nostro Paese. Anche se ne avremmo fatto volentieri a meno, tra i tanti gravi problemi che ci affliggono (deflazione e conseguente recessione, asfittico andamento economico, disoccupazione, povertà crescente, invasione di migranti - accolti in maniera incontrollata, come se l'Italia fosse il Paradiso terrestre - inconcludenza dell'Unione Europea su questo e molti altri temi, ed altre amenità -si fa per dire- del genere ) ultimamente nello scenario nazionale, un posto di rilievo lo stanno occupando - anch'esse ovviamente in negativo - le banche nazionali. Anche prescindendo dalle recenti "sentenze" sui rigidi (e francamente irreali) parametri - un "guazzabuglio" di oltre 20 mila dati! - degli "stress test" recentemente condotti dall'EBA - che rappresenta uno dei tanti, e di dubbia utilità, "Tribunali" dell'UE - verrebbe da ridere - anche se il verbo più appropriato sarebbe senz'altro "piangere" - se analizziamo la situazione delle Banche nostrane e la confrontiamo con quella delle banche europee, molte delle quali sono state oggetto di importanti interventi finanziari statali e per questo motivo - contrariamente alle nostre - i "mass media" se ne occupano soltanto marginalmente. Precisiamo tuttavia che neppure queste ultime godono di ottima salute, come - tra le altre e degna di nota - la Deutesche Bank (che la Cancelliera Merkel , con interessato amore materno, protegge ) che ha superato si gli stress test (!) ma che, al di la della prestigiosa insegna, ha in "pancia" un pericoloso ed esplosivo fardello di derivati speculativi (una sorta di "roulette russa"): non a caso il FMI (Fondo Monetario Internazionale) l'ha "etichettata" come rischio sistemico numero uno in Europa. L'anomalo "core business", verso cui da tempo si è indirizzata la banca tedesca, rappresenta, purtroppo, l'esasperazione pericolosa della "mutazione genetica" che sta interessando sempre più il sistema bancario: passaggio da caratteristiche di banca commerciale (finanziamento alle imprese) a banca con prevalente connotazione finanziaria, (anche speculativa). Ma noi, contrariamente ai nostri più prudenti partner europei - come da nostra vecchia e consolidata abitudine (molto spesso presuntuosa, superficiale ed arrogante) - abbiamo ritenuto il nostro sistema bancario immune dal venefico " vento economico" che ha iniziato a spirare dal 2008, anno dell'esplosione della crisi finanziaria che ha investito il pianeta e che continua ad avvelenare anche la nostra economia, come sente mordere sulla sua pelle una parte non trascurabile della popolazione. Abbiamo sempre vantato una non veritiera solidità del nostro sistema bancario, senza considerare che la profonda recessione, ancora in corso, a cui presumibilmente si aggiungeranno gli effetti della Brexit, e nonostante le corpose iniezioni di liquidità immesse dalla BCE nel sistema, attraverso il QE ovvero il "quantitative easing", tocca tutti gli attori della filiera economica: famiglie ed imprese - banche comprese, con il dilagare degli "NPL" (Non Performing Loans, cioè crediti deteriorati, di dubbio realizzo), che sono in larga parte naturalmente "figli" della recessione in atto e che producono un negativo impatto diretto sui relativi bilanci, con la conseguente necessità di una ricapitalizzazione, vale a dire di un aumento del capitale sociale. Su questo tema è d'obbligo una precisazione: la valutazione di una banca (come di qualsiasi altra impresa quotata) viene attualmente e comunemente effettuata dal "mercato" sulla base delle altalenanti quotazioni di borsa (prezzo per azione x numero delle azioni) "corroborata" dalle prospettive future e dalla capacità di produrre reddito e non - come dovrebbe invece essere - dalla effettiva valorizzazione delle poste patrimoniali del suo (ovviamente veritiero) bilancio. Ma, come detto sopra, mentre gli altri partner europei, approfittando delle favorevoli regole europee a termine (oggi non più operanti) sono tempestivamente corsi ai ripari per "puntellare" il più possibile le banche maggiormente fragili del relativo comparto - che rappresenta (o dovrebbe rappresentare) un importantissimo ed insostituibile strumento di politica economica - noi abbiamo continuato a fare le "cicale", trascurando bellamente l'imminente arrivo del rigido inverno , limitandoci ad osservare con soporifera indifferenza il passaggio del "treno degli aiuti di stato alle banche " (che noi abbiamo colpevolmente perduto) su cui sono invece e tempestivamente saliti i nostri partner europei : treno che, con questa "super burocratizzata ed inconcludente" Europa, difficilmente passerà ancora, o meglio ancora, potrebbe passare soltanto ed esclusivamente con il "disco verde" della "grande"Germania, beneficiaria - guarda caso- anch'essa delle precedenti possibilità di aiuto. Adesso è il tempo dei lamenti , delle recriminazioni, delle richieste di aumenti di capitale sociale, di cessione degli "npl" e di drastica riduzione del numero dei dipendenti bancari, come auspicato recentemente - anche se poi si è tentato di correggere il tiro - evidenziando la necessità (indubbiamente sacrosanta) di contenere la proliferazione e la pingue composizione dei costosi consigli di amministrazione delle Banche, a cui peraltro vanno necessariamente sommati i cospicui emolumenti corrisposti, ai vari amministratori delegati e direttori generali del mondo del credito, presunti "salvatori della patria", novelli "maghi Otelma", dotati di "bacchetta magica", o abili "Sciamani" in grado di prevedere il futuro. Questi presunti maghi (forse meglio definirli soltanto apprendisti stregoni) per risolvere i problemi lamentati, con l'attuale fase di bassissimi tassi di interesse e conseguente ridottissimo margine di interesse, non potendo espandere i ricavi imboccano l'unica strada percorribile, che passa attraverso la ovvia riduzione dei costi (se non puoi far lievitare i ricavi - conseguenza della recessione in atto - la strada obbligata da seguire per realizzare un margine economico positivo della gestione è appunto la riduzione dei costi). Con questo drammatico obiettivo non è necessario essere geni della finanza, maghi Otelma o sciamani, oppure effettuare "giri di valzer", con il cambio dei vertici, perché molto spesso cambiando i suonatori la musica non cambia, a meno che il "prescelto" non viva nell'ombra di importanti e determinanti "lobbies" esterne. In questo scenario da "Mission impossibile" è invece molto spesso sufficiente disporre di un affilato "machete" con cui tagliare i costi, taglio che- guarda caso - riguarda quasi sempre la riduzione del numero degli incolpevoli dipendenti (che in un'azienda di servizi, come è la banca, rappresentano la più importante voce di costo) con la benevola "comprensione" dell'ABI, che, al pari della Banca d'Italia, è - ovviamente a giudizio di chi scrive - un organismo autoreferenziale assolutamente inutile. A conferma di quest'ultima affermazione sulla Banca d'Italia basta riflettere su quello che è successo con i recenti "default " delle note quattro banche nazionali: è noto che sono stati messi sulla "graticola", gli anelli deboli della catena operativa, cioè i dipendenti che hanno soltanto eseguito gli ordini provenienti dall'alto, mentre i veri responsabili sono i vertici delle banche ( a.d. - d.g.), consigli di amministrazione, collegi sindacali e "dulcis in fundo" la Banca d'Italia. Questa preposta struttura ai controlli non ha invece vigilato ( o vigilato in maniera insufficiente) come invece sarebbe stato suo preciso compito, considerando che - con l'avvento della BCE- il suo ruolo si è decisamente ridimensionato, e che si sostanzia nell' effettuazione dei controlli sulle banche (la cui "efficacia" è stata infatti ampiamente "sperimentata" in negativo!), studi, o superflue "elaborazione" di statistiche , che non sono altro che il doppione di quelle che predispone l'organo preposto a queste incombenze, che è l'Istituto Nazionale di Statistica, o altre modeste e residuali incombenze. Del resto la riprova della vigilanza "soft" sulle banche spesso effettuata dalla Banca d'Italia e la relativa "benevolenza" nei loro confronti (di cui - al di la della forma - costituisce una sorta di "primus inter pares" ) è testimoniata anche dalla palese violazione - sempre a giudizio di scrive - della Legge 108/96 (la legge sull'usura), laddove detta alle banche (ed in loro esclusivo favore) norme tecnico- operative per la rilevazione dei tassi effettivi applicati al comparto "erogazione del credito" - non condivisibili, che contrastano con il chiaro dettato della legge. La Banca d'Italia, anche se ridimensionata nel ruolo, è tuttora una costosa "organizzazione faraonica", con numerose strutture periferiche, piena di personale con elevati stipendi, a partire da quello "stellare" del governatore, largamente superiore a quello dei ( molto) più importanti Presidenti della FED e della BCE, (e la invocata "spending review")? Un discorso a parte lo riservo alle "amplificate" difficoltà (manna per la speculazione!) in cui si trova la mia (ex) Banca, il MPS, la cui (non endogena ) colpa è purtroppo rappresentata dalla (ex) ingerenza massiccia e deleteria della politica nelle sue strategie di vertice, anche in presenza di un eccellente comparto di risorse umane addette alla gestione ordinaria della Banca. Comunque è da considerare che la politica è stata (direttamente o indirettamente) purtroppo "un attore" sempre presente in pressoché tutte le banche nazionali, anche se fortunatamente nell'attualità il suo ruolo "dovrebbe" essere alquanto ridimensionato.

Per completezza di informazione è doverosa un'ultima annotazione e precisazione in tema di presunti brillanti indici di solidità vantati da alcune banche, nell'attuale difficile panorama: una banca modesta, con modesti mezzi propri che soprattutto eroga crediti al sistema con il "conta gocce", con margini risicati sotto l'aspetto economico, può vantare un illusorio, non significativo, indice di solidità che, nella competizione del mercato, non rappresenta nient'altro che una sorta di "specchietto per le allodole!

Ma questo (serio) scritto introduttivo mi offre l'occasione, nell'intento di sollevare lo spirito, di ripubblicare una (semiseria ) storiellina di qualche tempo fa (già "ospitata" dal Vescovado) ma sempre, e oggi più che mai attuale, che ha per oggetto proprio le Banche e l'ABI.

Buon divertimento!

SECONDO TEMPO(Semiserio)

REGATA INTERBANCARIA

Un giorno l'A.B.I (Associazione Bancaria Italiana ) nell'intento di stringere rapporti di collaborazione e di apprendere le nuove tecniche di governo delle associate adottate dall'analoga struttura bancaria dell'Uganda - considerata ai vertici mondiali nell'organizzazione del sistema bancario - organizzò una regata competitiva, su appositi scafi con equipaggio di 11 membri. La gara si sarebbe svolta sulle acque del lago di Garda, con la partecipazione di selezionati dipendenti delle più importanti Banche italiane, ad eccezione delle "provinciali" Banche Cooperative, non ritenute all'altezza.
In vista della competizione entrambe le squadre praticarono un lungo e impegnativo allenamento, per raggiungere la migliore preparazione. La composizione della squadra italiana era naturalmente assistita dalle organizzazioni sindacali, con il compito di vigilare affinché le mansioni dell'equipaggio fossero correlate ai gradi e ai ruoli ricoperti nella banca di appartenenza.
II grande giorno della competizione finalmente arrivò. Inaspettatamente, e contro le previsioni della vigilia, l'Uganda vinse agevolmente la gara, con largo margine. Dopo il deludente esito della competizione l'ABI e le Banche tutte, si sentirono umiliate per l'imprevista sconfitta che, a giudizio dell'ABI, aveva inferto un duro colpo sia al suo prestigio e sia a quello dell'intero sistema bancario italiano.
Riunioni interbancarie subito convocate, sotto la presidenza dell'ABI, deliberarono all'unanimità che era assolutamente necessario trovare la ragione della mortificante sconfitta. Venne deliberato di costituire immediatamente un apposito Gruppo di lavoro con l'obiettivo di effettuare una attenta "due diligence" per investigare sul deludente risultato, ricercare le cause della sconfitta ed individuare le migliori soluzioni per la gara di rivincita. Nella ricerca furono stanziati notevoli mezzi, data la posta in palio che impattava direttamente sulla credibilità del settore bancario italiano. Il Gruppo di lavoro - dopo aver analizzato la gara nei dettagli: passaggio alla moviola dello svolgimento, analisi del vento, delle correnti, validità delle attrezzature ecc. - concluse che il problema era in larga parte attribuibile all'organizzazione e probabilmente aveva "come concausa" il fatto che la squadra dell'Uganda era composta da dieci rematori ed un timoniere, mentre la squadra targata ABI era composta da 6 rematori, 4 assistenti rematori ed un timoniere. La Presidenza dell'ABI interpellò immediatamente una Società di consulenza per studiare la futura struttura ottimale della squadra, predisponendo allo scopo un sostanzioso budget.
Dopo una miriade di studi, proiezioni, analisi sociologiche, psicologiche, tecniche di allenamento, terapie di gruppo, di amalgama, di motivazione di autostima, di prospettive di carriera e sistema premiante, la Società di consulenza concluse che i ruoli dell'equipaggio italiano erano confusi e non razionalmente individuati, per cui occorreva ridisegnare, ottimizzandola, la "filiera" operativa della squadra.
A seguito dell'acuta ed illuminante, seppur costosa, analisi tecnica della società di consulenza, l'ABI, per prevenire un'altra - considerata tuttavia assai improbabile - sconfitta nella successiva rivincita con l'Uganda, decise di mutare profondamente la struttura e le gerarchie della squadra. Dopo complessi negoziati con le organizzazioni sindacali fu deciso di adottare una nuova formazione, con la puntuale e rigida esplicitazione dei ruoli operativi, così come suggerito dalla società di consulenza:
1 dirigente - capo equipaggio - responsabile dell'intero complesso e dell'unico obiettivo: la vittoria. Questo ruolo fu ritenuto strategico e fattore critico di successo per l'ABI.
1 coordinatore equipaggio, con il compito di seguire la direzione (e le mutazioni) del vento, della corrente, della più razionale rotta e seguire naturalmente le mosse degli avversari per adottare le opportune contromosse.
Il reparto rematori fu portato a complessive 8 unità, di cui 2 avevano la qualifica di direttori del reparto con il compito prioritario di "fare squadra" (che sapeva tanto di moderno) spronare l'equipaggio, scandire i ritmi di pagaia, correggere gli eventuali scostamenti dalla linea di rotta giudicata ottimale e amplificare gli ordini provenienti dalla catena di comando.
Prima della gara, a supporto dei 6 elementi direttamente addetti ai remi, fu deciso di affidare ad un apposito team di esperti di psicologia il compito di sostenere ciascun rematore, di esaltarne l'autostima e dare a ciascuno una maggiore spinta psicologica per lavorare in maniera razionale in sinergia con il "gruppo" e moltiplicare l'impegno per raggiungere l'agognata - e a questo punto pressoché certa - vittoria.
Rimaneva invariata la presenza del timoniere prelevato dalla categoria dei quadri, in considerazione della delicatezza del suo compito.
Fiduciosi nel certo beneficio che sarebbe derivato dall'immane ristrutturazione organizzativa operata, sotto la regia dell'ABI e della conseguente razionale "lubrificazione" della filiera operativa, tutti si accinsero a seguire la gara sicuri questa volta nella svolta positiva della competizione, con una certa vittoria di adeguate dimensioni e pronti subito dopo a dare finalmente inizio ai festeggiamenti programmati per festeggiare l'evento.
Tuttavia, del tutto inaspettatamente, anche questa volta, tra la disperazione generale, l'Uganda vinse agevolmente la competizione, ancora con maggior distacco rispetto alla sfida precedente.
L'ABI, a seguito della beffa subita, della perdita di credibilità e di autorevolezza "suggerì" immediatamente alle banche che avevano fornito il "team" di imbarcazione, il licenziamento per scarso rendimento dei 6 rematori e per "par condicio" - e con la stessa motivazione - la retrocessione nel grado del timoniere. Con il necessario "piglio manageriale" dismise immediatamente l'imbarcazione e le relative sofisticate dotazioni , cancellò dal budget i previsti investimenti per gli equipaggiamenti, per i nuovi materiali e bloccò la progettazione del nuovo scafo, adducendo tuttavia come motivazione ufficiale: esigenze di "spending review".
Ritenne infine giusto - e di esempio per tutti come stimolo per il seguimento delle direttive aziendali - di impegnare le banche ad erogare un sostanzioso premio di rendimento al dirigente capo, al coordinatore equipaggio ed ai 2 direttori del reparto rematori per l'impegno profuso nella competizione, nella quale avevano messo in gioco tutta la loro esperienza, know how ed impegno, valori questi non ricambiati adeguatamente dal comportamento dei 6 rematori e del timoniere, individuati come gli unici responsabili della mortificante sconfitta, con il loro comportamento negligente, nonostante i mezzi e la perfetta organizzazione messa a disposizione.

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In questa storiella semiseria, naturalmente inventata, si trovano tuttavia diversi elementi di contatto con una realtà presente in numerose e variegate organizzazioni, ovviamente banche comprese. La morale finale di questa storiella, secondo la classica filosofia napoletana, potrebbe essere:

" o cane mozzeca semp' o stracciato"

" o pesce fete d'a capa"

 

*ex dirigente centrale MPS

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